Sin dall'antichità si è sempre saputo che sentimenti ed emozioni esercitassero un effetto sul corpo, ma solo con l’avvento della medicina moderna si è potuto verificare l'esistenza di meccanismi attraverso i quali l'emozione può dare origine a disturbi con caratteristiche e modalità di sviluppo proprie. La Psicosomatica è una disciplina che si colloca a metà strada tra medicina e psicologia, in quanto indaga la relazione tra mente e corpo: in particolare ha lo scopo di rilevare e comprendere gli effetti negativi che la psiche, la mente, produce sul soma, il corpo. La somatizzazione, che è il processo alla base del disturbo psicosomatico, può essere definita come l’espressione di contenuti psichici in sintomi fisici, attraverso il coinvolgimento dei sistemi endocrino e immunitario. Dunque, la caratteristica comune dei Disturbi Psicosomatici (o Somatoformi) è la presenza di sintomi fisici che fanno pensare ad una condizione medica generale e che non sono invece giustificati da tale condizione, dagli effetti di una sostanza o da un altro disturbo mentale. I sintomi devono causare significativo disagio o menomazione nel funzionamento personale, sociale, famigliare, lavorativo o scolastico, di chi ne soffre. I Disturbi Psicosomatici sono considerati delle vere malattie fisiologiche che possono provocare danni a livello organico, scatenate o aggravate da disfunzionali dinamiche psicologiche ed emotive dell'individuo. I sintomi psicosomatici sono dunque il risultato di situazioni di forte stress, disagio, ansia che iperattivano come in un continuo stato di emergenza il sistema nervoso autonomo (sistema simpatico), che a sua volta reagisce con risposte vegetative, le quali, a lungo andare, provocano i disturbi a livello fisico. Anche emozioni negative come il risentimento, il rimpianto e la preoccupazione quindi, possono mantenere il sistema nervoso autonomo in uno stato di attivazione persistente e provocare dei danni agli organi più sensibili. Non a caso sintomi psicosomatici sono comuni nelle varie forme di depressione e in quasi tutti i disturbi d'ansia, ma esistono dei disturbi psicosomatici veri e propri in assenza di altri evidenti sintomi di natura psicologica, che rendono più difficile far risalire il malessere fisico ad un problema psicologico piuttosto che ad un malfunzionamento organico. Elementi centrali nella genesi della relazione stress-malattia sono l’intensità e il perdurare nel tempo dell’evento o situazione stressante.

Ma che cos’è lo stress? Tecnicamente si definisce stress una risposta aspecifica dell’organismo ad uno o più eventi (stressors) che ne alterano l’equilibrio omeostatico. In pratica si può affermare che ogni cambiamento o azione che l’individuo attua nella sua quotidianità genera potenzialmente stress, anche se non tutto lo stress è negativo di per sé. Hans Selye nel 1936 definì come “Sindrome Generale di Adattamento” quella risposta che l’organismo mette in atto quando è soggetto agli effetti prolungati di svariati tipi di stressor, quali stimoli fisici (ad es. fatica), mentali (ad es. impegno lavorativo), sociali o ambientali (ad es. obblighi o richieste dell’ambiente sociale). L’evoluzione della sindrome avviene in tre fasi:

1) Allarme: l’organismo risponde agli stressor mettendo in atto meccanismi di fronteggiamento sia fisici che mentali. Esempi sono costituiti dall’aumento del battito cardiaco, pressione sanguigna, tono muscolare ed arousal (attivazione psicofisiologica).

2) Resistenza: il corpo tenta di combattere e contrastare gli effetti negativi dell’affaticamento prolungato, producendo risposte ormonali specifiche da varie ghiandole endocrine.

3) Esaurimento: se gli stressor continuano ad agire, il soggetto può venire sopraffatto e possono prodursi effetti sfavorevoli permanenti a carico della struttura psichica e/o somatica.

Ogni stimolo ambientale richiede una risposta adattiva da parte dell’individuo e quindi può essere una fonte di stress; il potere stressante di ogni stimolo è determinato dalla valutazione cognitiva che ogni singolo individuo dà della situazione stessa e delle competenze che egli sente di possedere per affrontarla. Più la differenza tra richiesta dell’ambiente e percezione che l’individuo ha di farvi fronte è ampia, maggiore sarà il livello di distress percepito. Il distress, o stress negativo, è ciò che abitualmente definiamo stress, ma in realtà ne è solo la componente disfunzionale. In pratica si tratta di una reazione eccessiva del sistema che comporta alterazione delle capacità psicofisiche. Esso risulta maggiormente dannoso quando:

1) gli stimoli sono troppo intensi e/o prolungati

2) tra uno stressor e l’altro non vi è un periodo di recupero sufficiente

3) sono presenti un numero elevato di stimoli che non vengono avvertiti perché di lieve entità

4) la normale e fisiologica risposta da stress viene inibita da limitazioni legate alla personalità e “freni sociali”

Talvolta, in presenza di forti motivazioni ed entusiasmo, la persona resiste a lungo ad un sovraccarico di compiti. Quando invece non si dispone di risorse sufficienti perché si è presi da altre situazioni, anche una piccola quantità di compiti è avvertita come insostenibile e capace di scatenare lo stress: è il caso ad esempio dell'inefficienza sul lavoro, quando non è causata da difficoltà interne al lavoro stesso, ma dipende da problemi nella vita privata, che si ripercuotono sul modo di svolgere le incombenze professionali, e le rendono più alienanti di quanto siano. Come vedete sono molte le variabili che possono influenzare la maggiore o minore percezione dello stress. In ogni caso, il persistere di livelli di distress elevati porterà quasi certamente allo sviluppo di uno o più disturbi psichici e/o somatici.

Disturbi di tipo psicosomatico possono manifestarsi nell’apparato gastrointestinale (gastrite, esofagite da reflusso, coliti, ulcere), nell’apparato cardiocircolatorio (tachicardia, aritmie, cardiopatia ischemica, ipertensione essenziale), nell’apparato respiratorio (asma bronchiale, tosse psicogena), nell’apparato urogenitale (dolori mestruali, disfunzioni erettili, eiaculazione precoce o anorgasmia, enuresi), nel sistema cutaneo (psoriasi, acne, dermatiti, orticaria, secchezza della cute e delle mucose, eccessiva sudorazione) e nel sistema muscoloscheletrico (cefalea tensiva, crampi e contratture muscolari, torcicollo, mialgia, artrite, ecc).  

Elevati livelli di stress sono all’origine di disturbi del sonno (insonnia, ipersonnia, incubi), dell’alimentazione (iporessia o iperfagia), nonché della gran parte dei disturbi psichici, in particolare disturbi d’ansia e dell’umore. Favoriscono inoltre l’acquisizione di stili di vita disfunzionali e non sani (fumo, abuso di farmaci o sostanze, sedentarietà, ecc) che a loro volta contribuiscono ad innalzare i livelli di stress creando un pericoloso circolo vizioso.

Inoltre, sul rapporto tra stress e insorgenza del cancro vi sono forti evidenze dalla sperimentazione animale e dagli studi sugli esseri umani. Oltre a geni, ambiente, alimentazione e stili di vita, tra le cause vanno infatti annoverati anche gli eventi della vita e la nostra capacità di gestirli. Un interessante studio americano (Andersen BL et al, 2008) ha seguito 227 donne operate per cancro al seno che, prima di iniziare chemioterapia, radioterapia e le altre terapie previste, sono state suddivise in due gruppi: uno di controllo medico standard e l’altro di controllo medico con aggiunta di partecipazione a un programma di gestione dello stress, realizzato in piccoli gruppi e condotto da due psicologi, della durata di un anno. In ogni seduta venivano praticate tecniche di rilassamento e discusse strategie di soluzione di problemi sia di natura psicologica che fisica (dolore, affaticamento, ecc). Gli operatori hanno enfatizzato il cambiamento degli stili di vita delle persone, sollecitando l’inserimento nella quotidianità dell’attività fisica, di una buona alimentazione e dell’uso di tecniche antistress. La verifica è stata fatta a distanza di 13 anni dall’insorgenza della malattia e si è osservato che le pazienti che avevano partecipato al programma di gestione dello stress presentavano un tasso di sopravvivenza di circa l’83%, contro il 60% dell’altro gruppo, con un numero sensibilmente ridotto di recidive.

Attualmente un numero sempre crescente di studi misura l’incidenza negativa di stress, disagio psichico e disturbi ad essi correlati in termini di patologie acute e croniche, giornate di lavoro perse, elevata spesa farmacologica e sanitaria. Si pensi che in Europa la spesa sociale relativa a problematiche riconducibili ad elevati livelli di stress oscilla tra i 20 e i 30 miliardi di euro all’anno! In questi casi, infatti, il paziente potrebbe trovarsi costretto a perdere molti giorni di lavoro o a consultare inutilmente diversi specialisti, sostenere esami e approfondimenti diagnostici di ogni tipo e soprattutto assumere notevoli quantità di farmaci senza trarne un reale beneficio, se non per brevi periodi, proprio perché non viene individuata e curata la causa psicologica sottostante il disturbo. Spesso infatti è solo intervenendo su quest’ultima tramite un ciclo di psicoterapia mirata che si riescono ad ottenere benefici a lungo termine, aiutando l’individuo a ristabilire un equilibrio psico-fisico ottimale, uno stile di vita più sano e ad acquisire una migliore capacità di gestione degli eventi stressanti.

Letture consigliate:

Donald Meichembaum, Al Termine dello Stress, Edizioni Erickson

Suzanne O’Sullivan, È tutto nella tua testa, Mondadori

Jon Kabat Zinn, Vivere momento per momento, Corbaccio