Qualunque sia il corso della nostra vita, qualunque siano le nostre fortune o sfortune, qualunque siano le nostre capacità di organizzazione, gestione e prevenzione dei problemi, prima o poi ciascuno di noi dovrà affrontare una difficoltà che ci riguarda tutti, indistintamente: la morte di una persona cara e il lutto che ne conseguirà. Il termine lutto oggi viene esteso a qualsiasi esperienza che comporti una perdita: un lavoro, una casa, una separazione, un divorzio. Ma la morte di una persona è un evento molto diverso proprio perché irreparabile. Il sistema educativo ci insegna quasi tutto, ma, per quanto possa sembrare strano, generalmente nessuno si preoccupa di prepararci ad affrontare un’esperienza che, in alcuni casi, può avere conseguenze devastanti.

L’epoca moderna è caratterizzata da una marcata tendenza a rimuovere e occultare la morte, questo perché l’enorme progresso tecnico-scientifico ha contribuito a generare un’ illusione di benessere e salute imperituri, favorendo in maniera direttamente proporzionale il regresso nella capacità dell’uomo moderno di affrontare l’evento morte. Inoltre, la comunicazione sociale si è spinta sempre di più su modelli edonistici e di rifiuto di qualsiasi forma di sofferenza. E la morte è sofferenza;   è la forma più definitiva di separazione e la separazione è la più grande forma di sofferenza umana. La morte mette a contatto l’uomo con il suo limite. Ma la morte è un fatto reale, è parte naturale della vita ed è comune a tutti. Solamente imparando ad affrontare in modo adeguato il lutto e la morte saremo in grado di vivere la nostra vita nella sua completezza. Ma per farlo occorre avere ben presente alcune cose: la morte è un evento che coinvolge tutto il sistema familiare, produce destabilizzazione, necessita di una accettazione ed implica una riorganizzazione.

La morte di qualcuno che ci è caro può scatenare molte emozioni, alcune prevedibili, altre inaspettate sia per la persona che le prova, che per chi gli è vicino. In molti casi, soprattutto se la morte è improvvisa e inaspettata, la prima reazione è di incredulità, perfino di rifiuto. La mente non riesce ad accettare il fatto che una persona amata non ci sia più. Alcuni sembrano incapaci di parlare e di reagire, si fatica a rendersi conto di quanto è successo, si vive in uno stato trasognato, si "gira a vuoto", si ripetono azioni già fatte e cose già dette, non si riesce né a pianificare né a portare a termine i compiti. Solitamente questa fase dura da qualche ora ad alcuni giorni, tendenzialmente fino al termine dei riti funebri, ed è particolarmente utile per il suo superamento la presenza fisica di persone amiche o di altri familiari. In ogni caso, quando si supera l’incredulità iniziale e ci si rende effettivamente conto di ciò che è accaduto, si dovrà affrontare tutta una serie di fasi emotive prima di riuscire ad elaborare la realtà. Il succedersi delle emozioni causate da un lutto è generalmente il seguente:

  • incredulità o rifiuto
  • dolore
  • rabbia
  • senso di colpa
  • paura
  • accettazione
  • riorganizzazione e pace interiore

Ora, non tutte le persone vivono tutte le fasi o non nello stesso ordine, e ancora ogni fase può avere una durata più o meno lunga, talvolta qualche giorno, talvolta, come nel caso di un lutto irrisolto, anni. Appare chiaro come l’elaborazione di un lutto sia un processo molto soggettivo e dipendente da molteplici variabili: il tipo di legame con il defunto e la sua intensità, l’età del defunto, le circostanze della sua morte, la possibilità di avergli dato un degno commiato e ancora la personalità di chi vive il lutto, il suo stile di reazione alle difficoltà, il supporto sociale di cui può beneficiare, ecc… Come potete immaginare, un conto è accettare una morte naturale per vecchiaia, un altro è confrontarsi con il dolore per la morte improvvisa di un coniuge troppo giovane, di un figlio, o una morte per omicidio o un suicidio.

Ma allora un lutto, per essere considerato “normale”, quanto deve durare? Da un punto di vista clinico, pur restando, come ho detto, in un campo di grande soggettività, si tende a considerare corretta l’elaborazione di un lutto che avvenga mediamente in circa sei mesi. Parliamo di lutto irrisolto o patologico quando il dolore e, più in generale, il vissuto emotivo, non viene espresso: la persona nega l’accaduto, non lo accetta, non si rassegna al drammatico cambiamento avvenuto nella sua vita. Oppure resta incagliato in una delle fasi descritte precedentemente, non trovando la forza e sufficienti motivazioni per superarla. Altre volte ancora si impone di reagire con fretta, dimostrandosi forte, per non far soffrire altri, o per non mostrare e le proprie fragilità, senza riconoscere e accogliere il grande dolore della perdita, imponendosi di voltare pagina il più velocemente possibile. Il lutto irrisolto, porta però con il tempo varie conseguenze di cui la persona si accorge dopo tanto tempo senza più associarle al dolore represso. Tra esse troviamo frequentemente apatia, depressione, rassegnazione ad una vita di solitudine affettiva, scarsa motivazione a prendere iniziative, intensa nostalgia verso il passato e rifiuto ad ogni forma di cambiamento.

Dunque, il dolore è sicuramente l’emozione primaria, la più comune, quella che sicuramente prevedete di provare e che proverete, pur se con durata e intensità differenti. Alcuni riescono a dare libero sfogo al proprio dolore molto meglio di altri ed è un fatto positivo, perché qualsiasi emozione, se repressa, può portare nel tempo a conseguenze negative o comunque, nel caso del lutto, contribuisce a rallentarne il processo di elaborazione. Non c’è nulla di male a esprimere il proprio dolore, così come non è segno di debolezza la ricerca del conforto da parte di amici e parenti. Se poi si hanno dei figli è importante mostrare anche questo lato di sé stessi, sebbene il primo impulso può essere quello di proteggerli dalla sofferenza. Tuttavia, affinchè i bambini abbiano una crescita emotiva equilibrata, è necessario che comprendano che gli adulti sono degli esseri umani come loro e come tali provano le loro stesse emozioni, anche quelle negative. Anche queste ultime, infatti, fanno parte della vita e i bambini hanno bisogno di vedere che le proviamo e le condividiamo con loro. Inoltre non bisogna dimenticare due cose: la prima è che i bambini hanno capacità di adattamento e resilienza superiori a quelle di un adulto; la seconda è che il lutto irrisolto è invalidante non solo per la persona che lo vive, ma pesa anche sulle generazioni successive perchè si trasmette ai figli.

In ogni caso, il dolore, se non vi sono blocchi di altra natura, con il tempo diminuisce, si modifica: da tenaglia che pare ghermirci e stritolarci senza darci tregua, pian piano molla la presa, concedendo spazi al resto della nostra vita e alle nostre risorse di riprendere il controllo. Forse non scomparirà mai del tutto, ma sfumerà in una sorta di malinconia che però ci consentirà anche di riappropriarci dei ricordi legati alla persona scomparsa senza farci male, ma strappandoci a volte un sorriso, un pensiero gentile. Solitamente, il primo anno è il più duro: vi sono molte ricorrenze che vi renderanno dolorosamente consapevoli dell’assenza della persona amata…compleanno, Natale, il giorno della mamma o del papà e soprattutto, l’anniversario della morte stessa. ma, se riuscite a superarle la prima volta, in seguito non sarà più così difficile. In alcuni casi, in reazione ad un lutto può svilupparsi una vera e propria reazione depressiva: questo non significa necessariamente che il lutto non viene elaborato, ma semplicemente che lo stress e il dolore in quel momento sono troppo intensi per le nostre risorse. In questi casi è bene ricorrere a supporti più strutturati, di tipo psicoterapico o, eventualmente, farmacologico (quest’ultimo previo consulto e sotto monitoraggio medico), per evitare di prolungare eccessivamente lo stato depressivo; successivamente, con il trascorrere del tempo e del processo di elaborazione, la sofferenza diminuirà e potremo fare a meno di tali aiuti. Talvolta il fatto stesso di non provare più lo stesso dolore di prima viene vissuto con senso di colpa, quasi fosse una dimostrazione di scarso affetto per il defunto. Ebbene non è così: è semplicemente la psiche che reagisce, la vita che, nonostante tutto, vuole tornare a vivere. Quando smetterete di piangere, vuol dire che state diventando più forti e non che la persona morta non vi manca più.

Tuttavia, vorrei soffermarmi ancora un attimo sul senso di colpa, in quanto è uno dei vissuti che più rischia di ostacolare la corretta elaborazione di un lutto. Può insorgere per delle parole sbagliate dette in passato, oppure il rapporto con la persona scomparsa potrebbe essere stato complicato, o ostile, oppure essersi interrotto molto tempo fa e adesso non è più possibile rimediare. Nella maggior parte dei casi, comunque, il senso di colpa si basa su assunzioni più banali: tendiamo a soffermarci su domande come “Se avessi fatto questo”, “Se non avessi fatto quello”, Se avessi detto questo”, Se non avessi detto quello” e così via. Questo è più frequente laddove la morte sia stata improvvisa e imprevista, dove non si è potuto dire addio o dove, come nel caso dei morti per l’epidemia di Covid-19, non si sia potuto neppure riusciti a dar loro una degna sepoltura. Prevale una sorta di rimpianto per il fatto che il rapporto con la persona morta sia stato in qualche modo lasciato in sospeso. Tuttavia, anche coloro che hanno il vantaggio di sapere in anticipo che una persona è prossima a morire, e quindi hanno la possibilità di riappacificarsi o comunque di esprimerle i propri sentimenti, tendono spesso a rimandare tutto a “domani”…finchè un giorno si accorgono che non vi sarà un domani. Qualunque sia il vostro dubbio, ormai continuare a rimuginare e a crogiolarvi in esso non cambierà le cose, è un’attività sterile e nociva. Non fa sicuramente bene il sentirsi infelici e non è neppure di aiuto alla persona scomparsa, indipendentemente da ciò in cui credete: se credete che lo spirito di quella persona si trovi in un altro luogo, sicuramente avrà una maggiore comprensione nei riguardi degli esseri umani e dei loro sbagli e sarà capace di perdonare; se credete che non vi sia nulla dopo la morte, allora nessuno manterrà rancore per i vostri sbagli. Cercate di valutare obiettivamente le situazioni, perché nella maggior parte dei casi non avreste potuto fare molto di più di ciò che avete fatto, oppure non è detto che effettivamente vi siate comportati in maniera sbagliata Quali erano le vostre intenzioni? Quali erano i vostri reali sentimenti? Cosa vorrebbe realmente per voi il defunto? E se davvero avete sbagliato qualcosa provate a scusarvi. Non importa che la persona non vi sia più materialmente vicina: sedetevi e pensate a lei, visualizzatela, e parlatele come avreste voluto fare. Oppure scrivetele una lettera dicendo tutto ciò che non è stato detto prima, posatela sulla sua tomba oppure in un suo cassetto o in luogo che lui aveva un significato. Qualunque sia il metodo che utilizzerete, vi aiuterà a provare un senso di maggior pace e completezza. Se avete un terrazzo o un giardino, piantate un cespuglio, o un albero, in memoria del defunto: è un bel rituale e vi permetterà di prendervi ancora cura di un essere vivente come avreste voluto fare con chi non c’è più; e se la pianta è longeva vi accompagnerà per il resto della vostra vita proprio come avreste voluto che facesse la persona scomparsa.

Se la persona che è morta soffriva da tempo ed era chiaro che quello sarebbe stato il suo destino, è possibile che abbiate provato un senso di sollievo quando la fine è arrivata. Non dovete sentirvi in colpa per questo o vergognarvene. Per il malato frequentemente la morte è vista come una liberazione dalla sofferenza e da una vita qualitativamente non più dignitosa. Se poi il compito di curare questa persona era ricaduto prevalentemente su di voi, potreste provare anche la sensazione di esservi liberati di una condizione che vi provocava profonda stanchezza fisica ed emotiva. Anche questo sentimento va considerato naturale e non c’entra nulla con l’egoismo: tenete presente che, se quella persona avesse continuato a vivere, avreste continuato a fare del vostro meglio per lei; quello che avete fatto non viene sminuito dal sentirvi sollevati dalla fatica dopo la sua morte.

Talvolta, in occasione di un lutto vi aspettereste di provare dolore e invece potreste rimanere sorpresi nel provare una grande rabbia. Talvolta la rabbia vi consente di non entrare in contatto con il dolore, per molti è una sensazione più accettabile. I motivi di questa rabbia variano in continuazione. Potreste prendervela con chi non soffre come voi, mentre camminate per strada e vedete tutte quelle coppie o famiglie che sono ancora insieme mentre voi avete perso il vostro compagno, il vostro genitore, il vostro figlio. Potreste essere arrabbiati con i medici che ritenete non aver fatto abbastanza, con Dio che non ha ascoltato le vostre preghiere, magari in alcuni momenti con il morto stesso, che vi ha abbandonati, lasciandovi nello sconforto e nei problemi. In maniera ancora meno logica potreste essere arrabbiati perché il sole splende, perché gli uccelli cantano, perché i bambini giocano, perché alla radio trasmettono proprio quella canzone… Non preoccupatevi: sono sentimenti passeggeri e molto comuni. E, a patto che ne siate consapevoli e non facciate nulla per metterli in pratica, non faranno male a nessuno; le vittime della vostra rabbia non si accorgeranno dei vostri sentimenti e voi con un po’ di tempo recupererete la vostra razionalità.

Anche la paura è un sentimento comune in chi ha appena vissuto una perdita importante: paura di non farcela da soli, emotivamente o, più semplicemente, di non essere in grado di badare a sé stessi e ad alcune incombenze che erano di pertinenza del defunto. Non abbiate timore di parlarne con altre persone, famigliari o amici, e di chiedere il loro aiuto: dopo una fase di difficoltà iniziale, che spesso si rivela molto meno problematica di quanto avevamo temuto, saremo in grado di trovare un nuovo equilibrio e cavarcela da soli. Inoltre, niente come la morte di una persona cara può farci sentire così terribilmente consapevoli del nostro essere mortali. Finchè non capita di venire a stretto contatto con la morte, essa sembra essere appannaggio solo degli altri e solo quando si è molto vecchi. Un po’ di paura può essere salutare se ci spinge ad un’analisi della nostra vita in senso migliorativo, facendoci sospendere comportamenti nocivi e favorendo l’acquisizione di stili di vita più salutari. Ma è necessario mantenerla nelle giuste proporzioni. Sì, purtroppo è certo che tutti noi moriremo: possiamo vivere in uno stato di apprensione continua, oppure cercare di vivere ogni giorno della nostra vita nel migliore dei modi. Non è un caso che tra le persone che riescono a vivere in maniera più intensa e appagante la loro vita vi siano quelle che sanno di non avere molto tempo a disposizione o chi ha avuto un’esperienza che le ha portate molto vicino alla morte.

In ogni caso, quello che consiglio a chi sta affrontando la perdita di una persona cara, è di non dimenticarsi di prendersi cura di sé stessi: cercate di limitare gli effetti nocivi dello stress e dell’angoscia, cercando di mantenere un’alimentazione sufficiente e corretta, di dormire il giusto, di mantenere un minimo di esercizio fisico, fosse anche una semplice passeggiata. Cercate di riprendere il contatto con attività che vi aiutano a distendervi e a distrarvi: può essere di grande aiuto imparare una tecnica di rilassamento o di meditazione. Cercate di ristabilire il prima possibile una routine: anche se è passato del tempo dall’evento luttuoso, sicuramente vi saranno dei momenti in cui vi sentirete infelici e soli; ma se nel frattempo siete riusciti a stabilire una routine personale, li supererete più facilmente. E proprio facendo le cose che vi siete abituati a fare, ritornerete a vivere nel presente. Occorre definire uno spazio in cui collocare il ricordo del defunto: mantenete un equilibrio tra l’agire come se la persona non fosse mai esistita e il rinchiudervi in voi stessi trasformando la vostra casa in un tempio; siate riconoscenti per la vita della persona che avete perso e per il tempo che avete condiviso, ma cercate di evitare di angosciarvi pensando solo agli ultimi giorni e per nessun motivo rinunciate a vivere la vostra vita perché questo sarebbe il peggior modo di commemorare chi non c’è più

. Cercate di non isolarvi, di parlare, di esprimere i vostri vissuti: potete farlo con parenti, amici, un religioso, un professionista. Se manca una rete di supporto sarà più facile cadere nella trappola della solitudine, della rassegnazione, della depressione che condurranno ad un lutto irrisolto. Riflettete se amici o famigliari manifestano preoccupazione nei vostri confronti, perché possono avere una visione della situazione che a voi sfugge. E se vi accorgete che il dolore non se ne va o vi rendete conto che la vostra vita è bloccata e non riuscite a disincagliarvi non abbiate vergogna o timore nel chiedere aiuto ad un professionista. La psicoterapia in questi casi è particolarmente consigliata: lo psicologo aiuta la persona a mettere in atto il rituale di separazione che spesso è stato evitato, ad esprimere tutte le emozioni, i pensieri, i sentimenti che prova. A sciogliere legami che devono essere sciolti se non vogliamo finire soffocati. Invita il paziente a lasciar andare la persona amata con un ringraziamento per tutti i momenti vissuti insieme e per trasformare la tristezza in gratitudine. Insegna strategie di gestione del dolore e dell’ansia e modelli comportamentali più funzionali alla riacquisizione del benessere. Infine, porta la persona a riscoprire la propria forza interiore, le proprie risorse e nuove motivazioni per continuare a vivere.

Letteratura consigliata:

Alberto Pellai, Io dopo di te, Erickson (consigliato ai bambini 5/10 anni)

Helen Fitzgerald, Mi manchi tanto, La meridiana

Massimo Gramellini, Fai bei sogni, Longanesi

Elena Loewenthal, Lo specchio coperto, Bompiani

C. S. Lewis, Diario di un dolore, Adelphi

Freya Von Stulpnagel. Accanto a te, senza di te, Edizioni Queriniana

Sybille Krull, Come affrontare la perdita di una persona cara, Ed. Il Punto d’Incontro


Filmografia consigliata:

L’ospite d’inverno, 1997

La stanza del figlio, 2001

The tree of life, 2011

Padre, 2015

Fai bei sogni, 2016