Uno degli scopi dell’uomo durante il corso della propria esistenza è il raggiungimento del pieno benessere, o di quella che viene più semplicemente chiamata “Felicità”. Questo è uno dei motivi per cui la maggioranza delle persone ricerca soprattutto quelle sensazioni ed emozioni che fanno star bene, che danno appagamento e che producono quindi quello stato emotivo di benessere che in genere viene definito felicità. La ricerca del benessere e della felicità è argomento di discussione ormai da secoli tanto che filosofi, scrittori e scienziati ne hanno fatto loro oggetto di studio fino ai giorni nostri. Numerosi studi hanno evidenziato e continuano a cercare fattori predittivi del benessere e del funzionamento ottimale riscontrando tra questi la capacità di adattamento, le aspettative, l’età ed il genere, il reddito, l’istruzione la salute mentale e fisica. Le ricerche più recenti tuttavia mostrano come i beni materiali accumulati, gli eventi di vita esterni e l’ambiente circostante hanno solo un effetto lieve sui livelli di benessere esperito.
Tra i predittori più potenti di tali livelli ci sono sicuramente i tratti temperamentali e di personalità. Tuttavia è bene fare una piccola parentesi e partire dalla definizione tanto del concetto di temperamento quanto di quello di personalità poiché è facile riscontrare come entrambe i termini siano utilizzati in modo intercambiabile tanto dal senso comune quanto dal panorama scientifico. Filo conduttore sembra essere comunque il carattere costituzionale e disposizionale di entrambe i concetti. Nel panorama scientifico le definizioni di personalità sono numerose anche se oggi, dati i nuovi studi e la scoperte sull’argomento, si preferisce definirla come “l‟insieme di caratteristiche psichiche e modalità di comportamento che, nella loro integrazione, costituiscono il nucleo irriducibile dell’individuo che rimane tale nella molteplicità e diversità delle situazioni ambientali in cui si esprime ed opera”. Allo stesso modo, anche il temperamento è stato definito come la risultante dei tratti emotivi della personalità, i quali dipendono in parte dai costituenti fisiologici di natura soprattutto endocrina. Differenze temperamentali, quindi, implicano differenze individuali nell’umore, nel livello di attività o nella sensibilità alla stimolazione. Si può dunque affermare che la personalità ed il temperamento predispongono un individuo a pensare ed agire in modo peculiare, predisponendolo a sperimentare più facilmente alcuni tipi di vissuti emotivi. Alcune ipotesi, ancora in fase di studio, postulano l’esistenza di un set-point individuale di felicità, o meglio un livello di base emotivo, geneticamente determinato, che rimane stabile anche durante lunghi periodi di tempo e a cui ogni soggetto ritorna dopo aver sperimentato emozioni positive o negative. Gli eventi e le circostanze di vita possono far spostare tale livello solo temporaneamente, ma quando il soggetto si adatta alla nuova condizione ritorna al suo livello base originario e di conseguenza l’influenza di tali eventi viene mitigata nel tempo. La natura positiva o negativa di tale baseline dipenderebbe in sostanza da alcune caratteristiche temperamentali e tratti di personalità.
È quindi assodato che la Personalità influenzi il benessere e la qualità della vita del soggetto proprio perché questa agisce sul modo in cui le persone affrontano e reagiscono alle situazioni critiche della propria esistenza. Quello che tuttavia non è ancora certo è quanto la relazione tra Benessere e Personalità sia mediata da rinforzi ambientali al di là dei sistemi biologici geneticamente determinati. Secondo la gran parte degli studiosi, infatti, le influenze dei tratti sulle emozioni sono moderate dall’ambiente in cui i soggetti sono immersi. Ci può essere dunque un’interazione tra personalità, situazioni di vita e ambiente sul benessere, tanto soggettivo quanto psicologico. Alcuni individui possono avere una predisposizione a reagire in modo consistente agli eventi positivi, proprio grazie ai propri peculiari tratti di personalità, ma un maggior incremento nei livelli esperiti di felicità avviene solo in seguito al verificarsi di tali eventi. La felicità richiederà dunque una precisa combinazione di personalità ed ambiente. Un esempio esplicativo potrebbe essere proprio la diversa risposta degli introversi e degli estroversi agli eventi negativi e positivi che occorrono. Poiché gli estroversi reagiscono in modo più forte agli stimoli piacevoli rispetto agli introversi ci si può aspettare un differente livello di felicità esperita tra estroversi ed introversi solo se esistono condizioni sufficientemente piacevoli nell’ambiente degli estroversi. Quando esposti a condizioni neutrali, tanto i primi che i secondi avranno simili esperienze emozionali e non differiranno di molto. Se tali condizioni dovessero verificarsi sarebbe confermata l’ipotesi di una mediazione tra tratti di personalità ed ambiente, ma se al contrario in condizioni di neutralità si osservasse una significativa differenza, allora i cambiamenti nei livelli di benessere e felicità esperiti sarebbero da attribuire in gran parte alla personalità.
Altro tratto che sembra influenzare in modo marcato il benessere è l’ottimismo disposizionale, ovvero la disposizione stabile e generalizzata dell’individuo ad aspettarsi risultati positivi in tutti gli ambiti di vita in modo realistico. In particolar modo sembra che tale tratto faciliti il benessere soggettivo e la buona salute anche grazie alla mediazione delle strategie di coping utilizzate dall’individuo. Coping è un termine che significa fronteggiamento, ovvero la capacità di dar fronte ai problemi in maniera efficace. L’ottimismo disposizionale infatti favorisce l’utilizzo di strategie di coping efficaci, quali ad esempio le strategie focalizzate sul problema e quelle finalizzate all’azione, potenziando anche le capacità degli individui nel reperire le risorse necessarie per aumentare il controllo e far fronte allo stress. Sono proprio tali strategie ad essere maggiormente correlate con più alti livelli di benessere, allo stesso modo coloro i quali riportano bassi livelli di benessere utilizzano generalmente strategie di coping dirette all’evitamento, come la fuga o la negazione del problema. Quando sono posti di fronte ad un problema le persone felici mettono in atto ragionamenti e comportamenti che possono essere considerati come utili ed adattivi, mentre in media le persone infelici mettono in atto strategie di coping più distruttive. È più facile infatti che le persone felici riescano a vedere l’aspetto positivo di ogni evento, fronteggino direttamente il problema, ricerchino aiuto ed appoggio sociale, mentre le persone infelici è più facile che ricorrano alla fantasia, biasimino se stessi e gli altri ed evitino di lavorare sul problema. È quindi possibile affermare che le persone che generalmente utilizzano strategie di coping efficaci manifestano poi più felicità e soddisfazione per la propria vita e quindi maggior benessere. Anche le strategie di coping, quindi, sembrano svolgere un ruolo importante nel raggiungimento e mantenimento del benessere psicofisico. L’utilizzo di strategie di coping efficaci, quali ad esempio le strategie focalizzate sul problema e quelle finalizzate all’azione, che potenziano le capacità degli individui nel reperire le risorse necessarie per aumentare il controllo e far fronte allo stress, sembra maggiormente correlato con più alti livelli di benessere.
È giusto quindi fare una distinzione tra Personalità Felici e Personalità Infelici? Quel che è certo è che le persone felici hanno diversi aspetti in comune e tra queste sono presenti tanto caratteristiche che appartengono al mondo esterno (caratteristiche oggettive e situazionali), quanto caratteristiche che appartengono al mondo interno (tratti di personalità). Le persone felici sono descritte come ottimiste e di temperamento socievole ed estroverso, con carattere creativo, alta autostima ed una positiva immagine di se, più etiche ed intelligenti, assertive, determinate, con buone capacità di coping e di leadership. Generalmente queste persone, inoltre, hanno più amici, fanno parte di più gruppi e sono più sane sia fisicamente che mentalmente .
Non è detto tuttavia che le persone “infelici” non possano modificare la loro condizione. Secondo gli studi, infatti, il benessere e la felicità delle persone sembrano essere basati oltre che su fattori genetici, che danno conto solo fino al 40% dell’influenza stimata, anche sull’apprendimento durante l’infanzia, sui fattori ambientali e le circostanze di vita dell’individuo. Ed è proprio su quest’ultimi aspetti che si può intervenire al fine di migliorare le condizioni del soggetto.
Sono molti a tal proposito i modelli ed i training sviluppati negli ultimi anni con lo scopo di migliorare i livelli di benessere esperiti dai soggetti. Tra questi possiamo ricordare i corsi di educazione all’ottimismo, corsi di Self Empowerment (nell’ambito della psicologia del lavoro e delle organizzazioni), ed ancora training di assertività, di meditazione e mindfulness, fino ad arrivare a interventi più strutturati di psicoterapia e sostegno psicologico. Questi interventi, sia che siano rivolti a soggetti psichiatrici, sia che siano rivolti a soggetti in piena salute mentale, sembrano portare a un vero e proprio incremento dei livelli di felicità, benessere ed emozioni positive che non risultano essere passeggeri ma duraturi nel tempo. Data l’efficacia di tali interventi, dimostrata dalle ricerche, è quindi auspicabile una loro applicazione fin dall’infanzia e dunque già a livello scolastico. I bambini, in effetti, se esposti precocemente a modelli psicologici positivi, possono più facilmente sviluppare stili cognitivi, comportamentali ed emotivi orientati al benessere personale e sociale. L’uso dei metodi della psicologia positiva nel contesto scolastico accresce il benessere dell’individuo migliorandone molto spesso anche le prestazioni. I bambini felici, così, avranno maggiori opportunità di diventare adulti felici.
Si può quindi concludere affermando metaforicamente che non conta tanto vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, ma capire l’importanza che all’interno del bicchiere qualcosa c’è e che è dunque fondamentale imparare ad utilizzarlo al meglio e ad apprendere i giusti strumenti per accrescerlo.