DAL FANGO ALLE STELLE E RITORNO, OVVERO IL DISTURBO BIPOLARE

Il Disturbo Bipolare appartiene alla categoria diagnostica dei Disturbi dell’Umore.

Per introdurre il tema inizierei dando una definizione della parola umore: l’umore è la tonalità affettivo-emotiva che sottende ogni stato psichico e che colora, sul versante affettivo, ogni rappresentazione mentale. E’ un’emozione prolungata che colora l’intera vita psichica.

Avendo introdotto il concetto di affettività ne diamo una breve definizione: l’affettività è la capacità di provare emozioni e sentimenti, che differiscono nel singolo individuo in base allo stimolo che li ha causati. I fenomeni affettivi si distinguono in emozioni, sentimenti e umore. Le emozioni sono stati affettivi intensi, a brusca insorgenza e a rapido declino, di solito reattivi a eventi esterni (accadimenti) o interni (pensieri, stimoli somatici), sono spesso accompagnati da fenomeni neurovegetativi (sbiancare dalla paura, arrossire…).

Le emozioni di base sono: paura, collera, tenerezza, imbarazzo, sorpresa, gioia, disgusto.

I sentimenti sono invece gli stati affettivi più stabili e duraturi e sono variamente diretti verso persone, oggetti, situazioni o scopi. Una volta stabiliti tendono a mantenersi nel tempo.

L’umore è la disposizione affettiva di base, che colora l’intera esperienza del soggetto, essa è la risultante di qualità e caratteristiche in parte acquisite, in parte innate, intrinseche alla costituzione della persona. Esso oscilla tra i poli di tristezza e gioia. Il tono dell’umore condiziona tutta l’affettività. L’umore di fondo è l’umore fondamentale, cioè una disposizione affettiva di base, geneticamente determinata, che risente di vari fattori biologici e ambientali, e che sfugge alla consapevolezza.

Alcuni fattori naturali che influenzano in modo importante l’umore sono:

- il ritmo sonno-veglia

-  il momento della giornata

- la stagione

- la quantità e qualità della luce

Il tono dell’umore influenza direttamente l’affettività del soggetto, per questa ragione si parla di disturbi dell’umore anziché di disturbi dell’affettività.

Il tono dell’umore tende fisiologicamente ad oscillare tra il polo della tristezza e quello della gioia; tali oscillazioni nei soggetti sani sono perlopiù adattative, in quanto consentono all’individuo di adeguare le proprie reazioni alle varie situazioni sociali e ambientali. E’ normale aspettarsi che dopo un evento sfavorevole, in modo reattivo, l’umore diventi triste, così come dopo un evento favorevole è normale aspettarsi una reazione di gioia. Le persone che tendono ad avere un umore tendenzialmente sempre spostato verso il polo più elevato sono dette temperamenti ipertimici (calibrati verso l’alto). Sono le persone estroverse, ottimiste, energiche. Per contro, esistono persone che tendono all’introversione, al pessimismo, allo scoraggiamento. Sono dunque calibrate verso il basso, cosiddetti temperamenti distimici.

Ma cosa accade alle oscillazioni dell’umore nel disturbo bipolare?

Nei disturbi dell’umore si verificano delle alterazioni delle normali oscillazioni del tono dell’umore, tali per cui le reazioni dell’individuo all’ambiente divengono disadattative.

Un individuo che soffre di un disturbo bipolare può mostrarsi euforico senza una causa apparente, oppure può accadere che a un evento piacevole segua una risposta euforica abnorme, che perdura nel tempo, ormai completamente svincolata dagli accadimenti della vita reale.

Stesso discorso vale per le oscillazioni verso il polo depressivo.

Nell’individuo affetto da tale disturbo le normali oscillazioni dell’umore di fondo sono molto più sensibili agli stimoli interni ed esterni che generano amplificazioni abnormi delle oscillazioni del tono dell’umore. Nei casi più gravi si possono avere delle reazioni affettive incongrue ovvero, ad un evento che potrebbe generare uno sfondo depressivo l’individuo risponde invece con uno sfondo maniacale. L’umore può quindi risultare abnormemente triste, malinconico, oppure abnormemente espanso, euforico o irritabile (disforia). Un episodio maniacale franco può essere del tutto svincolato dal piano di realtà, per cui a un evento non fausto può seguire una reazione marcatamente euforica. In questo stato di eccitazione l’individuo perde la capacità di effettuare un corretto esame di realtà in quanto l’umore espanso condiziona tutta l’affettività e il sentire del soggetto, che si diffonde a tutte le sfere della coscienza. Quindi le emozioni e i sentimenti così influenzati dal tono dell’umore lo porteranno a interpretare in modo distorto l’ambiente reale e quindi ad adottare scelte e comportamenti del tutto disadattativi.

Secondo il modello bio-psico-sociale i disturbi psichici sono determinati dall’interazione di molti fattori di natura diversa. I disturbi bipolari sono largamente influenzati da fattori biologici e genetici, come da fattori ambientali e sociali.

Ma cosa viene ereditato?

Ciò che geneticamente si eredita non è il disturbo di per sé ma la vulnerabilità dei sistemi che regolano il tono dell’umore, quindi temperamento e umore di fondo predisposto al disturbo.

Gli eventi di vita (stressors) rivestono un ruolo molto importante nel decorso del disturbo, ma se non c’è vulnerabilità, gli stress ambientali o le esperienze traumatiche non possono da soli determinare l’insorgenza del disturbo bipolare.

Dunque, disturbo bipolare è una patologia in cui i normali stati dell’umore (tristezza e felicità) si presentano ciclicamente amplificati e alternati a periodi di benessere. Secondo il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM V) si distinguono i seguenti sottotipi di disturbo bipolare:

  • DISTURBO BIPOLARE I
  • DISTURBO BIPOLARE II
  • DISTURBO CICLOTIMICO
  • DISTURBO BIPOLARE NON ALTRIMENTI SPECIFICATO (NAS)

Per ricevere una diagnosi di disturbo bipolare I il soggetto deve presentare nel corso della vita almeno un episodio maniacale o misto, che può essere accompagnato da un episodio depressivo maggiore

Per ricevere una diagnosi di disturbo bipolare II deve essere presente almeno un episodio di tipo ipomaniacale associato ad almeno un episodio depressivo maggiore

Nel disturbo bipolare NAS non vengono pienamente soddisfatti ne i criteri diagnostici per il primo ne per il secondo.

Nel disturbo ciclotimico si assiste ad un’alternanza di episodi ipomaniacali e depressivi di lieve entità.

L’alterazione dell’umore deve essere sufficientemente grave da causare una marcata compromissione in ambito sociale, lavorativo, e interpersonale, o da richiedere il ricovero e non deve essere secondaria all’azione di sostanze, farmaci, o droghe, o una condizione medica generale.

Vediamo ora cosa si intende per stato maniacale.

L’episodio maniacale ha un esordio più rapido rispetto a quello depressivo. Generalmente appare preceduto da una sintomatologia prodromica che può durare circa tre-quattro giorni in cui il soggetto si sente iperattivo, molto espansivo e loquace, più energico, più generoso, più attivo dal punto di vista sessuale, poco bisognoso di sonno e con maggiore appetito rispetto al solito. A volte i prodromi possono essere costituiti da sintomi depressivi. In presenza di eventi di vita stressanti o in caso di abuso di sostanze, l’episodio può insorgere anche in poche ore.

Nella fase maniacale la normale felicità può elevarsi fino a uno stato di euforia e può essere accompagnata dalla seguente costellazione di sintomi:

  • aumento dell’autostima o grandiosità
  • ottimismo eccessivo
  • sensazione di grande energia
  • ridotto bisogno di sonno
  • maggiore loquacità, a volte logorrea
  • attività fisica e mentale più vivace della norma

Il soggetto può avvertire che i pensieri nella sua testa si succedano rapidamente (fuga delle idee).

Si può inoltre assistere ad un aumento della distraibilità, cioè l’attenzione del soggetto appare enormemente influenzata da stimoli esterni non importanti tali da impedire il proseguimento del discorso. Vi è inoltre un aumento dell’attività finalizzata in ambito sociale, lavorativo e sessuale fino ad arrivare ad una vera e propria agitazione psicomotoria o a un eccessivo coinvolgimento in attività ludiche che possono avere un alto potenziale di conseguenze negative come per esempio eccessi nel comprare, comportamenti sessuali sconvenienti o investimenti in affari avventati.

I deliri (idee false immodificabili, non comprensibili e ingiustificabili rispetto al retroscena culturale e sociale dell’individuo) possono essere congrui o incongrui con l’umore.

Un disturbo del contenuto del pensiero congruo con lo stato d’animo euforico potrebbe riguardare tematiche megalomaniche, ad esempio considerarsi una persona importante o dotata di poteri soprannaturali. Al contrario, un delirio incongruo con l’umore elevato potrebbe essere rappresentato da tematiche persecutorie. Possono essere presenti anche delle allucinazioni o alterate percezioni della realtà (sentire voci, vedere immagini o oggetti inesistenti).

La consapevolezza di malattia nel paziente in fase maniacale acuta è assente. Il soggetto è fermamente convinto di non necessitare di cure mediche, quindi i situazioni particolarmente gravi e pericolose si è costretti a ricorrere al trattamento sanitario obbligatorio al fine di proteggere il soggetto dalle sue stesse azioni.

La durata spontanea, senza trattamento, della fase maniacale varia da pochi giorni a quattro-sei mesi e la risoluzione può essere brusca o richiedere parecchi giorni.

La psichiatra K. Jamison nel suo libro “Una mente inquieta” (1999) descrive mirabilmente lo stato maniacale: “……quando sei su di giri è fantastico. Idee e sensazioni sono veloci e frequenti come stelle cadenti, la timidezza scompare….ti senti sensuale e il desiderio di sedurre ed essere sedotta è irresistibile. Sei pervasa fino al midollo da una sensazione di agio, di intensità, di potere, di benessere, di onnipotenza finanziaria e di euforia. Ma ad un certo punto tutto questo cambia.

I pensieri che si succedono rapidi sono troppi, e troppo rapidi, una confusione travolgente prende il posto della chiarezza. La memoria se ne va. Sul volto degli amici la paura e la preoccupazione prendono il posto del divertimento e dell’interesse……sei irritabile, arrabbiata, spaventata, fuori controllo e completamente intrappolata negli antri più neri della mente”.

Nell’ipomania, una forma meno grave di mania, queste alterazioni sono più lievi. In tale condizione l’umore si presenta pieno di brio, piuttosto elevato. Il soggetto si sente energico, instancabile, esuberante. Ma non di rado le ripercussioni in ambito lavorativo e sociale sono negative perché possono prevalere irritabilità, impulsività, aggressività.

Kraepelin (1921) scriveva “l’umore ipomaniacale è prevalentemente elevato e allegro, influenzato dalla sensazione di possedere una maggiore capacità lavorativa. Il paziente è in uno stato d’animo imperturbabile, sicuro del proprio successo, coraggioso……ma parallelamente coesiste spesso una grande labilità emotiva. Il paziente è insoddisfatto, intollerante, diventa esigente, impositivo, arrogante, aggressivo, se incontra ostacoli ai propri desideri e interessi; piccoli contrattempi oggettivi possono provocare esplosioni di rabbia molto violente”.

L’ipomania, da considerare comunque come un’entità distinta rispetto alla mania, appare caratterizzata dall’assenza di manifestazioni psicotiche, da una iperattività e una disinibizione comportamentale.

Ma, come abbiamo visto, nel disturbo bipolare sono presenti anche viraggi verso il polo opposto, cioè verso la depressione. L’episodio depressivo può presentare un esordio improvviso (più comune nelle forme bipolari), ma più spesso è preceduto per alcuni giorni o settimane da una sintomatologia prodromica caratterizzata da riduzione degli interessi, labilità emotiva, astenia, irrequietezza, difficoltà nel concentrarsi, disturbi del sonno. Tali sintomi prodromici, proprio per la loro caratteristica di ripetersi con le medesime modalità, possono costituire un vero e proprio campanello di allarme per il paziente e i suoi familiari.

Nella sua forma conclamata, lo stato depressivo si caratterizza per un umore depresso, pessimistico, disperato. L’umore depresso di solito è statico, il soggetto è insensibile agli eventi esterni e perde piacere per le attività che prima procuravano interesse e gioia. Il paziente si presenta annoiato, indifferente, disinteressato, tali sensazioni vengono vissute dal paziente con molto dolore e possono provocare sentimenti di colpa e indignità nei confronti soprattutto dei propri cari.

Spesso tale stato d’animo è accompagnato da un aumento dell’irritabilità, irrequietezza, tensione interna, rabbia e ansia.

L’attività motoria è in genere rallentata, in particolare mimica e gestualità. Il linguaggio appare povero, con scarsi contenuti, poco fluido; il tono della voce fievole e monotono, il tempo di latenza di risposta alle domande si presenta aumentato. Le attività mentali risultano rallentate, i contenuti del pensiero sono poveri e cristallizzati solo su alcune tematiche principali su cui il paziente rimugina. Caratteristica è la visione negativa di sé, del mondo, del presente e del futuro.

Sono presenti alterazioni delle funzioni neurovegetative (insonnia o ipersonnia, iporessia o iperfagia…)

Come nello stato maniacale, anche nello stato depressivo di maggior gravità possono essere presenti deliri e allucinazioni. Si tratta di deliri di solito congrui con il tono dell’umore, vale a dire comprensibili e derivabili dalla tonalità depressiva presentata dal paziente. In particolare possono riguardare temi di colpa, indignità, rovina, ipocondria, ecc.

La durata media dell’episodio depressivo (6-12 mesi) è superiore rispetto a quella dell’episodio maniacale e determina una maggior compromissione in ambito socio lavorativo. Da studi presenti in letteratura, i pazienti affetti da disturbo bipolare sono a rischio di suicidio 15 volte più della popolazione generale. Inoltre sembra che il 30-50% dei disturbi attribuiti a depressione maggiore siano in realtà disturbi bipolari tipo II. Circa il 15% dei soggetti con disturbo bipolare commette il suicidio e il 50% lo tenta almeno una volta nella vita. I pensieri ricorrenti di morte e i tentativi di suicidio risultano 35 volte più frequenti in fase depressiva rispetto alla fase maniacale.

Dal libro di Kay Jamison (1999): “…..la depressione è più orribile di come parole, immagini o suoni possano descriverla…Qualsiasi rapporto viene dissanguato dal sospetto, dalla mancanza di fiducia e di rispetto di se stessi, dall’incapacità di godersi la vita, di camminare, di parlare, di pensare normalmente, dallo sfinimento, dalle notti e dai giorni di terrore….la depressione è piatta, vuota e insopportabile….e dà fastidio. Quando sei depresso la gente non sopporta di starti vicino. Magari pensano che dovrebbero e ci provano, ma tu sai, e lo sanno anche loro, che sei seccante da non credersi: sei irritabile, paranoie, privo di spirito e di vita, sei critico ed esigente, e il conforto non ti basta mai”.

Nel disturbo bipolare si può assistere a diversi tipi di andamento clinico.

Una volta formulata la diagnosi, risulta fondamentale la valutazione da parte dello psichiatra delle caratteristiche del ciclo maniaco-depressivo, cioè della modalità di successione degli episodi depressivi, maniacali o misti e delle fasi di benessere (intervallo libero) e della sua durata, cioè del tempo che separa un episodio da quello successivo. E’ stato infatti osservato che, nella maggior parte dei pazienti, le diverse fasi si manifestano in maniera abbastanza regolare e quindi una raccolta della storia clinica accurata da parte dello specialista è un passo importante per comprendere al meglio l’andamento del disturbo di ogni singolo paziente. Per fare ciò il medico si avvale anche dell’aiuto dei familiari. Fino al 70% dei pazienti bipolari manifesta recidive multiple. Si tratta di una malattia a lunga durata caratterizzata da diverse ricadute, nell’84% dei casi, nel corso della vita, i pazienti presentano più di 5 episodi. Il rischio di cronicità, vale a dire la persistenza della sintomatologia per più di 2 anni, è tra il 6 e l’11%. L’evoluzione peggiore sembra correlata a diversi fattori, quali la comorbilità (l’associazione con altri disturbi è molto frequente, in particolare con l’abuso di alcol o di sostanze stupefacenti, o con disturbi di personalità rende il disturbo più difficilmente trattabile), decorso a cicli rapidi, scarsa aderenza alle cure, presenza di sintomi psicotici, mancanza di adeguato supporto sociale e lavorativo.

Per quanto riguarda il trattamento di questo tipo di disturbo, la soluzione ottimale risulta la combinazione di un’adeguata terapia farmacologica e di un supporto psicologico mirato, preferibilmente di tipo cognitivo-comportamentale.

La terapia farmacologica di elezione è quella data dagli stabilizzatori dell’umore. Il primo farmaco efficace, il litio, il più leggero dei metalli pesanti, comunemente trovato in forma salina, fu introdotto negli anni 50 ed è ancora il più prescritto. Da allora la scienza medica ha fatto comunque grandi passi avanti e diversi farmaci sono stati sviluppati, quindi il paziente deve collaborare con il medico per individuare quelli da lui meglio tollerati.

L’intervento psicoeducativo di Colom e Vieta, due autori da anni in prima linea nella cura del disturbo bipolare, ha mostrato come una delle cause per le quali molti pazienti hanno una scarsa compliance verso la terapia farmacologica, e di conseguenza un decorso peggiore, non risiede primariamente nell’ impatto degli effetti collaterali dei farmaci, ma nelle poche informazioni che hanno in merito ad essa e in merito alla propria malattia: molti pazienti semplicemente non sanno perché devono continuare a curarsi. Molti pazienti, infatti, tendono a credersi guariti dopo la fine del primo episodio ed un ritorno ad un umore normale. Non sono adeguatamente informati sul fatto che avranno inevitabilmente delle ricorrenze e quindi smettono progressivamente di assumere la terapia. Un intervento fortemente psicoeducativo ha allora la possibilità di rendere un paziente alleato della terapie perché informato, accedendo ad una aderenza consapevole, diversa da una compliance che asseconda semplicemente l’autorevolezza del curante. La specifica sequenza di argomenti che vengono affrontati nel corso degli incontri persegue diversi livelli di obiettivi:

livello I: coscienza di malattia, riconoscimento precoce dei sintomi e dei prodromi, aderenza al trattamento;

livello II: gestione dello stress, interruzione dell’uso di sostanze; regolazione dello stile di vita, prevenzione del suicidio;

livello III: conoscenza e fronteggiamento delle conseguenze degli episodi acuti; miglioramento del funzionamento interpersonale; fronteggiamento dell’eventuale deterioramento cognitivo.


Letture consigliate:

Kay Redfield, Una mente inquieta, edizioni Longanesi

Eduard Vieta, Manuale di psicoeducazione per il Disturbo Bipolare

Filmografia consigliata:

Mr Jones, 1993

Il lato positivo, 2012

Teneramente folle, 2014

Mania Days, 2015