Quello della Depressione è un problema clinico di rilevanza sempre maggiore, trattandosi di un disturbo psichiatrico dall’ impatto estremamente invalidante sulla qualità della vita degli individui che ne vengono colpiti ed essendo anche uno dei più comuni. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), infatti, la depressione è al momento la quarta causa di disabilità nel mondo, diverrà la seconda nel 2020, associata con le malattie croniche, e la prima nel 2030. Sempre secondo l’OMS nel mondo oltre 350 milioni di persone soffrono di depressione, con una prevalenza che varia ampiamente tra i diversi paesi, ma che vede al primo posto i paesi industrializzati. In Italia almeno il 15-20% della popolazione adulta generale soffre di uno o più episodi depressivi nel corso della vita, di cui non più del 40% si rivolge ad un medico o ad uno psicologo per ricevere cure appropriate.
La depressione è un problema di salute pubblica, sia per la sua alta prevalenza, sia perché comporta una considerevole disabilità e spesso si manifesta in comorbidità con patologie croniche mediche e con altri disturbi psichiatrici.
Secondo le linee guide contenute nel DSM V (Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders), per l’episodio depressivo maggiore o Depressione Maggiore è necessaria la presenza di almeno cinque di una serie di sintomi che devono manifestarsi per almeno sei mesi. Almeno uno di questi sintomi deve essere l’umore depresso e una marcata diminuzione di interesse o di piacere per quasi tutte le attività (anedonia). Vi è uno stato d’animo depresso con perdita di interessi e di piacere accompagnato da altri cinque sintomi:
- alterazione dell’appetito (iporessia o iperfagia) con conseguente alterazione del peso
- alterazione del ritmo sonno-veglia (insonnia o ipersonnia)
- agitazione o rallentamento dei movimenti
- stanchezza eccessiva
- coartazione volitiva (perdita di voglia di realizzare alcune attività)
- perdita di energia, astenia
- sentimenti di inferiorità o colpa eccessivi o immotivati
- difficoltà a pensare, a concentrarsi, a prendere decisioni
- irritabilità, disforia
- pensieri ricorrenti di morte
- ricorrenti propositi suicidari senza un piano specifico, o un tentativo di suicidio
Come è facile intendere, il disturbo depressivo maggiore è una malattia invalidante che coinvolge spesso sia la sfera affettiva che cognitiva della persona influendo negativamente in modo disadattativo sulla vita familiare, lavorativa, sullo studio, sulle abitudini alimentari e riguardo al sonno, sulla salute fisica generale, con forte impatto dunque sullo stile di vita e la qualità della vita in generale. Talvolta l’individuo mette in atto strategie scorrette per lenire i vissuti depressivi, quali abuso di alcol, di farmaci o di sostanze o altre condotte di vita pericolose, le quali diventano a loro volta problematiche da gestire e che possono aggravare sensibilmente il quadro clinico generale.
Ma quali sono le cause?
Come per la gran parte dei disturbi psichiatrici, la letteratura converge sul primato del modello biopsicosociale per spiegare la genesi di un disturbo depressivo, ovvero la compresenza, in misura variabile, di fattori biologici, caratteristiche psicologiche ed eventi di vita.
Gli studi genetici sui disturbi depressivi rivelano forti influenze dei fattori ereditari. Infatti vi è maggiore concordanza per i gemelli monozigoti che per i dizigoti e le percentuali di concordanza sono simili indipendentemente dal fatto che i gemelli siano cresciuti insieme o separatamente. Si ha in genere una frequenza maggiore (fino a 3 volte) in famigliari di pazienti depressi.
In alcuni individui la depressione si sviluppa successivamente ad altri disturbi fisici, specialmente disturbi a livello endocrino e cerebrale. Ad esempio la depressione accompagna sia la sindrome di Cushing che il morbo di Alzheimer e Parkinson. Anche l'utilizzo di alcuni farmaci potrebbe indurre sintomi depressivi. In particolare:
- Antiipertensivi bloccanti l'adrenalina;
- Antiparkinsoniani con azione dopaminergica;
- Ormoni corticosteroidi e estroprogestinici;
- Antitumorali;
- Neurolettici;
La depressione sarebbe inoltre collegata a una diminuzione dei collegamenti sinaptici che utilizzano i neurotrasmettitori noradrenalina e serotonina. Tale diminuzione è particolarmente caratteristica delle connessioni del sistema ipotalamico e di quello limbico. I farmaci di prima scelta per il trattamento della depressione (SSRI e SNRI) agiscono infatti sui meccanismi di regolazione di questi neurotrasmettitori, modulandone la presenza all’interno del sistema nervoso centrale.
Esistono poi numerosi studi che concordano sulla presenza di alcune caratteristiche psicologiche come fattori di rischio per l’esordio di disturbi depressivi, come ad esempio tratti di introversione e chiusura verso le relazioni sociali, temperamento distimico, bassa autostima e alcune modalità di pensiero orientate ad una visione negativa di sé stessi, del mondo e del futuro (la cosiddetta triade negativa di Beck). Anche lo stile di Attribuzione è un concetto importante in questo tipo di disturbi. L’Attribuzione è la spiegazione che una persona dà del proprio comportamento. In presenza di un insuccesso o di una situazione negativa, la persona cerca di attribuire ad essa una causa.
Attribuzioni di tipo globale (“Non Faccio mai bene niente”, “E’ sempre colpa mia”) rinforzano la generalizzazione degli effetti dell’insuccesso.
Attribuzioni di tipo stabile (“Succede sempre così”) rendono tali effetti di lunga durata.
Attribuzioni di tipo interno (“Sono un buono a nulla”, “Non ho fatto abbastanza”) anziché esterno (“La prova era troppo difficile”) minano l’autostima della persona.
Si ritiene che le persone inclini alla depressione siano caratterizzate da uno stile attribuzionale depressivo, ovvero che abbiano la tendenza ad attribuire gli insuccessi o gli eventi traumatici della vita a difetti del loro carattere, di natura stabile e globale.
Quando queste persone subiscono esperienze infelici e negative (fattori di stress) diventano più facilmente depresse.
Tra le variabili ambientali e sociali troviamo invece una frequenza maggiore di disturbi depressivi tra le classi più elevate; in individui con una scarsa rete sociale o carenti di relazioni intime; in famigliari di pazienti affetti da gravi patologie croniche; in presenza di traumi di varia natura o di gravi eventi di perdita (lutti, separazioni, perdita del lavoro); in presenza di lavori particolarmente stressanti.
Quali sono le strategie di intervento da utilizzare?
Il primo passo è quello di rendersi conto che voi o il vostro famigliare avete davvero bisogno di farvi aiutare. Potreste sentirvi veramente a disagio quando si inizia a ventilare l’ipotesi di una malattia mentale, oppure potreste pensare che chiedere aiuto sia una forma di debolezza. Potreste ragionare come molte altri pazienti, o loro parenti e amici, che credono che una persona depressa possa farcela da sola in fretta o che alcuni malati siano semplicemente troppo vecchi per essere aiutate. Nulla di più sbagliato! Un medico vi potrà aiutare e potete rivolgersi con fiducia al vostro curante. Il medico verificherà se la depressione non sia causata da un problema di salute (come ad esempio l’ipotiroidismo o una carenza di vitamina B12) oppure da un farmaco che state assumendo. Dopo un esame completo potrebbe consigliarvi di rivolgervi a uno specialista di salute mentale, come ad esempio uno psicologo od uno psichiatra. Per guarire, o anche solo per sentirsi meglio, ci vuole tempo, ma se vi fate aiutare dagli altri e dalla cura scelta ogni giorno farete un passo verso la guarigione. I farmaci antidepressivi possono migliorare il quadro clinico generale ma richiedono diverse settimane prima di iniziare a dare risultati apprezzabili e devono comunque essere mantenuti per un periodo che va da 5-6 mesi a più di un anno. Ad essi andrebbe sempre associata una psicoterapia ad indirizzo cognitivo-comportamentale che aiuti il paziente a recuperare più rapidamente la funzionalità perduta e contemporaneamente lavori su quelle caratteristiche personali o sociali che potrebbero caratterizzare fattori di rischio per eventuali ricadute..
Il decorso della depressione è soggettivo e può manifestarsi in maniera differente da persona a persona. A volte può sorgere improvvisamente, inaspettatamente altre volte più subdolamente e lentamente. Il decorso può essere di 3-4 mesi o protrarsi più a lungo, anche più di un anno, ma l’esito è quasi sempre la guarigione clinica con la scomparsa più o meno completa dei sintomi depressivi. Talvolta, all’attenuarsi dei sintomi depressivi più evidenti, rimangono sensazioni di insoddisfazione e sentimenti negativi più a lungo, con incompleta ripresa delle attività lavorative e con scarsa partecipazione affettiva; in questi casi è quantomai opportuno, qualora non lo si fosse ancora fatto, associare ad una terapia farmacologica un intervento psicoterapico mirato.
Un episodio depressivo, per quanto negativo in sé, potrebbe paradossalmente divenire un’occasione per cambiare e migliorare quegli aspetti del nostro carattere e del nostro comportamento che ci arrecano disagio e stress e che con ogni probabilità hanno contribuito all’esordio della depressione stessa.
Letture consigliate:
Giuseppe Berto, Il male oscuro, BUR
Michael Yapko, Rompere gli schemi della Depressione, ed. Ponte alle Grazie
Matt Haig, Ragioni per continuare a vivere, ed. Ponte alle Grazie
Filmografia consigliata:
Gente comune (1980)
Prozac Nation (2001)
Sylvia (2003)
The Beaver (2011)